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Osteopatia-LE FASCE - PAOLETTI.doc
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29.09.2019
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  1. Coccige

Allo stesso modo che una caduta a piatto sul dorso che lascia un ricordo imperituro, una persona che è caduta sul coccige non lo dimenticherà mai. In questa regione si applica perfettamente il detto ‘vedere le stelle’. Oltre il trauma locale, la caduta sul coccige è spesso accompagnata da una scossa che può risalire fino al cranio, ma può riguardare anche l’addome o il torace. Non è raro constatare, dopo un tale trauma, l’apparizione di una tensione dolorosa in seno ad un organo o constatare una ptosi. Il coccige, nel caso di choc, si lede il più frequentemente in flessione e latero-flessione. La palpazione a questo livello rivelerà l’urto anche dopo molti anni, e anche se l’urto è divenuto muto possiamo dire che l’impronta è a vita.

  1. Regione epigastrica

Numerose persone somatizzano il loro stress a livello epigastrico da cui l’espressione ‘avere un peso nello stomaco’. Questo stress esercita il plesso solare che genera a sua volta una disfunzione di tutta la regione sopra-mesocolica. In un ascolto a questo livello abbiamo la sensazione di una zona dura, ipertesa che non si lascia comprimere e che genera dolore. Alla palpazione abbiamo effettivamente l’impressione di avere un palla sotto la mano. Gli organi sono fissati e distesi; il fatto di porre la nostra mano genera un’eco dei battiti aortici che sono molto amplificati e inquietano particolarmente il paziente.

  1. Cicatrici

Non tutte le cicatrici sono all’origine di una disfunzione ma come abbiamo visto numerose sono quelle che generano delle perturbazioni. Esse devono essere sistematicamente testate perché, quando diventano elementi perturbatori, costituiscono la causa primaria di una disfunzione meccanica o fisiologica. L’ascolto di una cicatrice restrittiva ci rivelerà molto facilmente la direzione delle tensioni che avrà generato.

  1. Punti di impatto degli urti

Quando il corpo subisce un urto questo deve essere ammortizzato, altrimenti potrebbe ledere gravemente le strutture fragili. Durante un urto diretto, un colpo per esempio, si ha prima l’ammortizzazione da parte della pelle, poi delle fasce e del pannicolo adiposo. Quando il trauma sopravviene su una zona poco protetta, come la tibia o il cranio, la zona tessutale di ammmortizzazione è nettamente ridotta. Va dunque a imprimersi sulle fasce e a costituire un punto di fissazione da cui parte da un processo lesionale. Dobbiamo ricercare con molta minuziosità questi segni di punti di impatto perché sono spesso la chiave del successo del nostro trattamento.

Un urto a livello del cranio, soprattutto nella sua parte postero-laterale, può essere all’origine di una modificazione del tessuto connettivo che porta alla formazione di una catena lesionale discendente che si trasmette via via: alla cerniera occipito-cervicale, alle vertebre cervicali, alla cerniera cervico-dorsale, alla spalla. Durante l’ascolto percepiamo una fissazione molto spesso puntiforme. Ma un urto importante come un incidente in automobile o una caduta sul polso oltrepassa le possibilità dei tessuti molli e dovrà essere quindi presa in carico da un tessuto più denso come il complesso periostio-osso. L’osso ha una certa elasticità, la sua architettura è costruita in maniera tale da assorbire gli urti. Se questi sono troppo violenti lasceranno un’impronta sul tessuto osseo che diverrà punto di partenza di un processo patologico.

Ci torna in mente un paziente visto recentemente in seguito ad un urto frontale in auto. Questa persona si è aggrappata al volante e una gran parte di energia è stata assorbita dal radio sinistro. All’ascolto questo dava l’impressione di essere piegato come se le fibre ossee fossero penetrate in parte l’una nell’altra. In effetti l’osso era arrivato al limite di rottura.

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