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Osteopatia-LE FASCE - PAOLETTI.doc
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29.09.2019
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  1. Catene lesionali discendenti

In linea generale e in ordine di importanza le incontriamo soprattutto a livello craniale, cervicale, del cingolo scapolare, del bacino, degli arti inferiori, del torace, dell’addome e del diaframma. Andiamo adesso a descriverne alcune incontrate frequentemente ricordandoci che il loro percorso ricalca la maggior paret delle volte le catene fasciali.

A partire da un punto di fissazione dell’aponeurosi epicraniale possiamo assistere alla messa in moto di una lesione discendente condotta attraverso dell’aponeurosi cervicale superficiale fino al cingolo scapolare, da dove potrà seguire o l’arto superiore o il torace superiore. Se il punto di partenza è alla base del cranio, in senso largo, o intracranica, la lesione potrà essere condotta attraverso l'aponeurosi cervicale profonda, l'aponeurosi degli scaleni e arriverà infine allo stesso percorso della precedente. Se abbiamo un punto di fissazione mediastinico o toracico la perturbazione può trasmettersi eventualmente alle fasce addominali (Toldt, Treitz) con possibilità di prolungarsi fino al piccolo bacino. Infine se il punto di fissazione è a livello dello psoas, del perineo o dei muscoli corti dell'anca, la catena lesionale avrà la possibilità di prolungarsi verso il basso con l'apparizione di una patologia del ginocchio o della caviglia. In riferimento alle catene fasciali descritte, bisogna notare che le catene lesionali discendenti sono più corte nel loro percorso, è raro in effetti, vederle iniziare dalla testa e finire ai piedi, sebbene questa eventualità esiste realmente.

  1. Catene lesionali ascendenti

Queste sono più frequenti di quelle discendenti certamente a causa dell'appoggio al suolo, dell'aggiustamento costante necessario alla stabilità e alla lotta permanente contro il peso, così come per la sospensione degli organi, la cui sollecitazione naturale è una trazione verso il basso.

Contrariamente alle catene lesionali discendenti, quelle ascendenti possono svilupparsi su un lungo tragitto. Ne descriveremo alcune fra le più frequenti.

- - A partire dal piede la catena lesionale più comune si sviluppa lungo la catena esterna. In seguito ad una distorsione la trazione della fascia esterna può giocare sulla testa del perone o sulla parte esterna del ginocchio e creare un dolore funzionale a questo livello, se la lesione continua a salire genererà una perturbazione al livello dell'anca (con possibilità di penetrare nel piccolo bacino attraverso la fascia del piramidale e dell'otturatore interno) e poi della sacro-iliaca. Da là seguirà il percorso dell'aponeurosi toraco-lombare o del grande dorsale per arrivare alla spalla e finalmente, se non sarà interrotta, alle cervicali e al cranio. Ben inteso che, come abbiamo segnalato il suo punto di partenza può essere al ginocchio, al bacino o altrove.

- - Una caduta sul coccige può essere all'origine di una catena lesionale duramadrica potendo a poco a poco arrivare alle membrane intracraniali.

- - Un problema al livello del perineo può trasmettersi sia ai visceri addominali sia alla fascia trasversale, prendere legame sul diaframma e da lì, attraverso il sistema pleurale o la fascia endotoracica, proseguire fino al cingolo scapolare per terminare al livello cervicale o al cranio.

- - Daremo l'esempio di una catena lesionale incontrata più volte e che a prima vista sembra più teorica che reale; il suo punto di partenza può essere la vescica o la fascia ombelico-prevescicale, si prosegue poi attraverso il legamento rotondo, il legamento falciforme, che la trasmette al diaframma dove prosegue attraverso il pericardio e la aponeurosi perifaringea, dove si manifesterà con una disfunzione al livello della gola. Abbiamo in memoria un recente caso di una paziente che ci consultava per una irritazione alla gola e dolore alla deglutizione. Questa persona aveva subito una celioscopia, presentava una cicatrice al livello dell'uraco che generava un disturbo al livello della gola a causa di un aumento di tensione. La cicatrice era il punto di partenza di una catena lesionale ascendente, avendo per espressione clinica un dolore alla gola che è scomparso in seguito alla normalizzazione del punto di fissazione situato sull'uraco.

Possiamo moltiplicare gli esempi sebbene non ci sembri utile, ciò che è utile è ricordare è la realtà delle catene fasciali, la loro possibilità lesionale e, di conseguenza la necessità di un indagine, spesso molto lontana, per la comprensione di un fenomeno patologico.

CAPITOLO 7° TEST SULLE FASCE

Obiettivi Del Test

Sistema recettore sensibile, la fascia nella vita quotidiana è la sede di numerose distorsioni, la cui origine può essere:

  • traumatica

  • ostetriche

  • postura scorretta

  • chirurgica (cicatrici, aderenze)

  • infiammatoria

  • accidentale

  • tensioni, attitudini sbagliate (specialmente professionali)

  • falsi movimenti

  • stress.

Tali aggressioni comportano una modificazione biochimica all'interno del tessuto connettivo, traducendosi in una modificazione delle proprietà visco-elastiche, loro stesse all'origine delle mutazioni della struttura: addensamento e orientamento delle fibre del collageno, seguendo le linee di forza; perdita di elasticità tessutale. Tutti questi disturbi della fascia saranno all'origine di cambiamenti palpabili, quantificabili e talvolta visibili.

Lo scopo del test fasciale è quello di rilevare, grazie all'enorme sensibilità della nostra mano i diversi problemi che si presentano nel tessuto, per poter trovare, in un secondo tempo, una risposta terapeutica efficace.

MODALITA' DEI TEST

La ricerca delle lesioni delle fasce si esegue manualmente. E' possibile affermare che il test è una tecnica di fascia contro fascia: l'una rivela le proprie distorsioni, l'altra sta in ascolto per registrarle e comprenderle.

Si è parlato di una "memoria delle fasce", che consiste in una registrazione all'interno del tessuto connettivo dell'impronta di diversi traumatismi, in senso ampio, subiti da un individuo. Il nostro scopo è quello di rilevare questa impronta e possibilmente eliminarla o attenuarla.

La fascia, come si è visto, è dotata di un meccanismo di contrazione generato dal sistema d'innervazione, piuttosto che dalla fase embriologica. Questo meccanismo induce un micromovimento perpetuo, di cui è stata registrata la frequenza tra 8 e 14 fasi al minuto.

Le fasce, però, hanno anche la funzione di corde e carrucole che trasmettono la motricità.

Da queste constatazioni si possono descrivere due modalità di test:

  • test di ascolto

  • test di mobilità

Questi due test non sono opposti. L'ascolto è, in effetti, un test di mobilità nella sua espressione più fine, manifestata da un micromovimento non indotto, e non visibile, ma sentito. Il test di mobilità, come indica il nome, implica uno spostamento indotto assai più importante, visibile con la messa in tensione.

TEST DI ASCOLTO

Consiste nel porre la mano su una qualunque zona del corpo per registrare le mutazioni soggiacenti eventuali. La mano deve rimanere del tutto passiva, per poter valutare i movimenti in scala di micron.Alcune misurazioni effettuate al livello della sensibilità della mano hanno dimostrato che essa può rilevare movimenti dell'ordine di 10 micron, e che la differenza tra i valori rilevati in modo manuale e per mezzo apparecchi sofisticati risulta essere appena del 5%.

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