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Esercizi di conversazione

1. Cercate di spiegare al vostro amico perché il giovane del treno si spacciò per il celebre scrittore Fioro d'Avenza.

2. Che idea di F. d'Avenza diede il giovane ai passeggeri?

3. Approvate la decisione di F. d'Avenza di non fare il colpo di scena, smascherando il giovane?

4. Se F. d'Avenza avesse smascherato il giovane che cosa sarebbe

succeso? Motivate il vosto giudizio.

5. Se tu fossi stato al posto del celebre scrittore come avresti reagito?

6. Esprìmete il dubbio che i passeggeri avevano creduto che il giovane fosse davvero Fioro d'Avenza.

7. Esprimete la delusione di uno dei passeggeri venuto a sapere che il giovane non era Fioro d'Avenza.

8. Trovate nei dialoghi del testo l'idea che si erano fatti di Fioro d'Avenza i passeggeri.

9. Traducete in italiano il dialogo:

— Я не очень разбираюсь в литературе, не знаток. Вы один из немногих писателей, произведения которых я читал и теперь, когда я с Вами познакомился, чувствую, что Вы мне еще больше нравитесь. Вы знаете, мы, профаны, составляем себе представление о писателе, как о человеке, который корпит над книгами, всегда серьезен. Вы же - живое опровержение этого мнения. Кроме того, у Вас вид спортсмена.

— Я действительно спортсмен, когда я встаю из-за рабо­чего стола, я скачу на коне, гребу на лодке, лечу в самолете. А вот и моя обитель,

— Ваш дом здесь?

— Да, замок. Здесь я провожу несколько месяцев в году, когда мне нужно уединение.

10. Traducete dall'italiano in russo: libera università internazionale degli studi sociali — roma

Scuola di specializzazione in giornalismo e comunicazione di massa. Durata: due anni.

Titolo di ammissione: diploma di laurea.

Termine di presentazione della domanda di preiscrizione: il 20 aprile.

Inizio dei corsi: 11 novembre.

Orario delle lezioni: dalle 16 alle 20, da lunedì a venerdì.

Articolata in due indirizzi, «Sistema delle comunicazioni di massa» e «Management delle comunicazioni di massa», la Scuola offre una preparazione teorico-pratica nelle varie forme di gestione delle aziende di comunicazione di massa, nelle tecniche di comunicazione aziendale (uffici stampa, uffici relazioni esterne e pubbliche relazioni, strategia d'immagine, comunicazione persuasiva), I docenti svolgono attività giornalistica, manageriale o accademica. Al termine dei corsi viene rilasciato il Diploma e viene assicurato uno stage di esperienza.

Sono a disposizione otto borse di studio pari all'importo delle tasse del primo anno di frequenza.

11. Riassumete il testo in italiano e in russo:

Paolo Murialdi

Quei nuovi vecchi vizi

Pensare poco al lettore è un vizio antico del giornalismo politico italiano. Nel 1829 Gian Pietro Viesseux, fondatore a Firenze di un celebre Gabinetto di lettura nonché della «Nuova Antologia», scriveva: «Sarebbe tempo che gli autori si persuadessero essere i giornali fatti pel pubblico e non per loro: essere il giornalismo una professione che conviene nobilitare con molta imparzialità e giustizia».

II fatto è che il giornalismo libero nasce in Italia come giornalismo politico, sull'onda della Rivoluzione francese; e i giornali si irrobustiscono partecipando come attori protagonisti alle lotte del Risorgimento e poi a quelle post-unitarie. Una definizione polemica verso certi giornali di oggi, giornali-partito, calza a pennello per i quotidiani dell'Ottocento.

Neppure l'industrializzazione della stampa e l'affermazione di organismi giornalistici di alto livello, come il «Corriere» e «La Stampa» attenuò in misura apprezzabile la forte presenza della linea politica, intesa come linea piuttosto rigida e debordante, da imporre ai lettori.

Dunque, l'intreccio tra politica e giornalismo — rilevato da Vittorio Emiliani all'inizio di questo dibattito — ha radici molto lunghe e robuste. Questo intreccio primario si è sviluppato in forme e modi diversi producendo nel complesso più risultati perniciosi che risultati utili. Le nuove funzioni che negli ultimi anni hanno assunto i media, o che ad essi vengono affidate da chi li controlla, mettono in evidenza questi risultati negativi: con l'effetto di indebolire non la diffusione dell'informazione ma la sua credibilità, e di accrescere il malessere che serpeggia nelle file dei giornalisti.

Molti aspetti di questa intricata situazione sono stati descritti da coloro che sono già intervenuti in questo dibattito. Dal canto mio, vorrei mettere in rilievo alcune caratteristiche negative del modo prevalente di fare informazione politica.

Ricorro alle osservazioni critiche fatte, ieri e oggi, da vari giornalisti anglosassoni e tedeschi con esperienze di lavoro in Italia e in Francia (le due situazioni sono somiglianti). Non per mitizzare i giornali inglesi e americani, teatro anch' essi di bassezze politico-giomalistiche, come ha giustamente ricordato Mario Isnegni; ma perché, partendo da standard diversi, spesso i colleghi stranieri colgono meglio i nostri eccessi.

Nel 1953, Silvia Sprigge, giornalista inglese che lavorò a lungo in Italia, analizzando i quotidiani italiani scriveva: «Una sorte funesta sembra accanirsi nelle notizie dall'interno. Esse prendono istantaneamente quella forma che lusingherà il gusto del direttore, che è anche il gusto del padrone».

Vari anni dopo, nel 1967, in un numero dell' «Economist» dedicato all'Italia si leggeva: «Per il direttore le opinioni sono in tutto e per tutto sacre quanto i fatti».

Oggi i quotidiani di informazione non sono più la «voce del padrone» nel senso circoscritto e spesso rozzo di un tempo; l'informazione politica è più ampia, risente di meno del partito preso, ed è scomparsa quasi del tutto la «censura del cestino», cioè l'ignorare una notizia importante. Ma i media sono sempre dentro al gioco del potere, che è diventato più grande, e non pochi giornalisti cercano di parteciparvi.

I vecchi vizi di impostazione dell'informazione politica continuano. Ecco alcune osservazioni recenti rivolte ai giornalisti italiani: «Ciò che pensate è più importante di ciò che avete appreso»; «il vostro desiderio profondo è di raccontare ciò che pensate e non di fare l'intermediario tra l'avvenimento e il pubblico»; «a voi interessa il perché lo ha detto, del che cosa ha detto e che cosa ha fatto» ; «il modo di presentare le cose fa capire subito in quale campo politico si può collocare il giornalista».

Per non parlare delle ventate di dietrologia spinta, che è ben diversa dalla ricerca delle verità nascoste.

Credo che se i giornalisti (e non soltanto quelli che si occupano di politica) accogliessero queste osservazioni potrebbero cominciare a ridefinire il proprio ruolo; che certamente è anche di interpretazione ma che deve essere svolto con distacco nei confronti degli altri attori.

Siamo riusciti a demolire il feticcio dell'apoliticità che ingombrava fino a yent'anni fa le redazioni dei media che si proclamano d'informazione; non pratichiamo 1'«appartenenza», né di testata né singola.

Non è facile. Tante sono le cose che premono in senso contrario. L'ultima delle quali mi sembra quel senso di inter-cambialità che sovente traspare quando un giornalista parla con un leader politico, nel Transatlantico o in altri luoghi deputati della «politica parlata». Probabilmente sono stati compagni di scuola o di università, o hanno militato nelle stesse organizzazioni studentesche. No, i ruoli e i compiti sono differenti.

Adattato da P. Murialdi

TESTO SUPPLEMENTARE

Umberto Eco