
Il tempo dei campanelli
Abbiamo viaggiato a lungo, col gelo e con l’arsura.
Abbiamo sopportato tutto, e siamo rimasti liberi.
Abbiamo divorato la neve e la kaša di betulla.
Siamo cresciuti alti come campanili.
Quando piangiamo non lesiniamo il sale.
Quando c’è festa, dolci zuccherati.
I campanari con i calli neri.
Hanno lacerato i nervi dell’amplificatore di bronzo.
Ma ogni giorno, i tempi cambiano.
Le cupole hanno perso il loro oro.
I Campanari vagano per il mondo.
Le campane buttate giù, spaccate.
Perché ora giriamo in tondo
Nel nostro campo – come clandestini?
Se non hanno fuso campane per noi,
significa che questo è il tempo dei campanelli.
Tu suona, cuore sotto la camicia!
In fretta e furia – i corvi alla rinfusa.
Ehi! Porta fuori i cavalli con le redini
e scatteranno in tutte le direzioni.
Per quanto tempo i cavalli non sono stati ferrati,
neanche una ruota infangata.
Niente frusta. Le selle rubate.
E da tempo i nodi sono sciolti.
Ma nella pioggia, tutte le strade portano all’arcobaleno.
C’è una disgrazia. Non fa ridere?
Ma se c’è una campanella sotto l’arco,
allora vuol dire, carica… andiamo!
Cominciamo a far rumore, fischiare, cantare!
Penetra fino alle ossa, fino alle estremità.
Ehi! Fratelli! Sentite con il fegato
il riso terribile delle campanelle russe?
Per secoli mastichiamo le maledizioni con le preghiere.
Per secoli viviamo con gli occhi strappati.
Dormiamo e beviamo. Giorno dopo giorno. Litro dopo litro.
Non cantiamo più. Non siamo più abituati.
Aspettiamo da tempo. Tutti camminano sporchi.
Per questo siamo diventati tutti uguali,
ma sotto la pioggia ci scopriamo diversi.
Per la maggior parte onesti, buoni.
Così la grande è andata in pezzi.
Noi siamo venuti con le chitarre nere.
Da quando il big-beat e il rock ‘n’ roll
ci hanno incantato dai primi colpi.
E nei cuori – scintille di elettricità.
Cappelli nella neve – tirate su il volume.
Rock ‘n’ roll! Glorioso paganesimo.
Io amo il tempo delle piccole campane.
I funerali del buffone
Guardate: le zampe di abete rodono le mie mani.
La resina calda di candele sulla mia camicia.
Nel ballo rumoroso, i pagliacci muoiono di noia
nelle risate dei lacchè di corte e nei sospiri del boia.
Il cavallino stancamente si intreccia ai cumuli di neve.
Oggi i campanellini del mio cappello tacciono.
La comoda scatoletta della mia bara mi va stretta.
Ho voglia di fumare ma nessuno mi da una sigaretta.
Il pretino con le guance peste
si trascina fuori per il caro estinto.
Demjan il carpentiere che mi ha fatto la croce,
è ubriaco come sempre, ah no! Guarda un po’, e sobrio…
L’attore vagabondo ha tolto la sua maschera.
Il maggiore della Guardia si è tolto l’elmetto.
La signora col velo è gonfia di pianto.
Un cane spelacchiato ulula triste.
Ehi, diacono, prega per la salvezza del tempio!
Ehi, signora, perché continui a piangere?
Nei vostri occhi, questo vecchio e noioso dramma
diventa a poco a poco una nuova divertente barzelletta!
Io prendo e resuscito! Così vi divertirete.
Ecco, non voglio morire, tutto qua.
Portate una botte di risate scelte e forti!
Berremo e mangeremo parole croccanti e salate.
Birra schiumosa nella lampada del prete.
Le sue gote stanno già meglio.
Demjan balla con la mia croce.
Ehi tu carpentiere!
«Si, sono giù ubriaco».
L’attore mescola l’alcool con il trucco.
Il maggiore coraggioso tracanna.
La signora col velo e il cane allegro
si baciano appassionatamente.
Le zampe di abete vogliono leccare le mia mani.
Ma io le brucio nel fuoco che cresce dal moccolo delle candele.
Ma chi vi ha detto che i buffoni muoiono di noia?
Suona, mio campanello! Lavora mascalzone, non tacere!
Ho scritto la mia dichiarazione di morte con il vino rosso.
La ragione della mia assenza: ho bevuto. Dove si va ubriaco?
Le serve del diavolo sono venute da me due volte.
La terza volta sono crollate ed hanno fatto la colletta per qualche rublo.
La stessa vecchietta cieca è venuta da me di notte.
Mi abbaglia con la falce e rude dice: è ora!
Ma io mi avvicino e le grido la stessa cosa nelle orecchie,
che le sue ossa hanno tremato dalle risate fino alla mattina.
Il pretino canta nel sonno:
«gira gira vecchia trottola!»
Il carpentiere disonora Cristo:
dorme sulle tavole della mia croce, sporche di vomito.
L’attore ed il maggiore russano in coro.
La signora col cagnolino sono usciti nella pineta scura.
La vecchia da tempo trema davanti al falò,
Ma io mi alzo di scatto e le dico seccamente:
E’ ora!