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«Ho rimasto solo»: gli ausiliari

Ho rimasto solo, suonava provocatoriamente il titolo di una canzone di Don Backy che, nel 1963, fece molto rumore per l’uso errato del verbo ausiliare avere, adoperato al posto di essere. Otto anni dopo Pippo Franco gli faceva eco con Hai stata tu, un vero inno allo strafalcione che aveva il suo epicentro nell’uso errato del verbo ausiliare nella formazione dei tempi composti.

Battute d’altri tempi. Oggi per un italofono stabilire se l’ausiliare di un verbo è essere o avere è un’operazione quasi sempre del tutto naturale: normalmente viene spontaneo usare l’uno o l’altro a seconda del verbo da comporre: leggere —> ho letto; andare > sono andato; dormire —> ho dormito. Ma qualche dubbio, ahimè, rimane. Finché l’aereo su cui viaggiamo attraversa placido il cielo, nessun problema. Le turbolenze grammaticali arrivano dopo che ha toccato terra: il nostro aereo è volato o ha volato? E soprattutto: è atterrato o ha atterrato?

È possibile dare una regola che descriva la corretta distribuzione dell’ausiliare con tutti i verbi? La risposta è no. Possiamo solo dare alcune indicazioni di carattere pratico, che sono quelle che seguono.

L’ausiliare essere si utilizza:

  • con i verbi al passivo, che esprimono un’azione subita dal soggetto: io sono apprezzato, io sono temuto, io sono inseguito, eccetera;

  • con i verbi pronominali, cioè quelli che nella coniugazione sono preceduti o seguiti da un pronome come mi, ti, si, ci, vi, si (la grammatica tradizionale li chiama verbi riflessivi e riflessivi apparenti): Gianni si lava —> Gianni si è lavato; Maria si pente —> Maria si è pentita;

  • • con alcuni verbi intransitivi (ricordiamo che sono intransitivi i verbi che non possono essere seguiti da un complemento oggetto). I più importanti sono: accadere, andare, apparire, arrivare, avvenire, bastare, cadere, capitare, costare, dipendere, emergere, entrare, giungere, impallidire, inorridire, morire, nascere, parére, pervenire, piacere, rimanere, sbiadire, scappare, sorgere, stare, succedere, svenire, uscire, valere, venire (come si può vedere, una parte consistente di questo gruppo è data da verbi che indicano un movimento: andare —> sono andato, entrare —> sono entrato, giungere —> sono giunto, eccetera).

In tutti gli altri casi, e cioè con i verbi transitivi («Ho mangiato gli spaghetti») e con i verbi intransitivi che non fanno parte dell’elenco riportato in precedenza al terzo punto (quali: camminare > ho camminato, cenare > ho cenato, dormire —> ho dormito, eccetera), l’ausiliare usato per formare i tempi composti è avere.

Attenzione, però: con vari verbi si può usare sia essere sia avere senza sbagliare. Ecco i più comuni:

appartenere

è appartenuto / ha appartenuto

atterrare

è atterrato / ha atterrato

durare

È durato / ha durato

emigrare

È emigrato / ha emigrato

fiorire

è fiorito / ha fiorito

franare

è franato / ha franato

grandinare

è grandinato / ha grandinato

inciampare

è inciampato / ha inciampato

naufragare

è naufragato / ha naufragato

nevicare

è nevicato / ha nevicato

piovere

è piovuto / ha piovuto

prevalere

è prevalso / ha prevalso

sbandare

è sbandato / ha sbandato

scivolare

è scivolato / ha scivolato

vivere

è vissuto / ha vissuto

volare

è volato / ha volato

Con l’ausiliare essere indichiamo che l’azione è già compiuta, e l’avvenimento è ormai terminato; con l’ausiliare avere indichiamo che l’azione o l’avvenimento durano ancora.

Esempi: «La nonna di Marco è vissuta più di novantanni» = l’azione è ormai finita, la nonna non vive più; «Mario ha sempre vissuto da nababbo» = Mario continua a vivere da nababbo.

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