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Fonetica, ortografia e punteggiatura l’alfabeto. Che cos’è?

Lo abbiamo imparato da bambini, lo adoperiamo tutti i giorni, qualunque cosa scriviamo: dalla lista della spesa a un biglietto d’auguri, dall’e-mail al verbale dell’assemblea di condominio. Ma sappiamo che cos’è? Sapremmo definirlo? Se qualcuno ci chiedesse di farlo, sapremmo dare una risposta? Proviamo a elaborarla insieme. Il nostro alfabeto è una lista di segni grafici (le cosiddette lettere) disposti secondo un ordine fisso e ricorrente. Questi segni servono a rappresentare i suoni di tutte le parole. L’invenzione del tipo di alfabeto in cui, come nel nostro, a singoli segni corrispondono generalmente singoli suoni si deve ai Fenici, che nel XII secolo a.C. idearono un alfabeto fatto di sole consonanti. Più tardi i Greci lo ripresero e vi aggiunsero le vocali. Ai Greci si deve anche il nome dell’oggetto di cui ci stiamo occupando: etimologicamente la parola deriva dall’unione dei nomi delle prime due lettere del loro alfabeto, e cioè, per l’appunto, alfa e beta. L’alfabeto greco, passando in Italia, fu utilizzato con varie modifiche dai Romani. L’alfabeto latino è quello che a tutt’oggi, naturalmente con qualche trasformazione, viene usato per scrivere in molte delle lingue del mondo, compresa la nostra. L’alfabeto italiano comprende ventuno lettere, a cui se ne aggiungono cinque che compaiono o in parole antiche (generalmente latine) o in parole straniere: j, k, w, x, y.

La j

La j s’incontrava, soprattutto nel passato, in alcuni nomi propri di persona o di luogo, come per esempio Jacopo, Jolanda, Jonio, Jugoslavia. Abbiamo scritto «s’incontrava, soprattutto nel passato» perché oggi, in questi nomi, essa viene di solito sostituita da una i normale (Iacopo, Iolanda, Ionio, Iugoslavia). Invece, la i lunga si mantiene nei cognomi, che ovviamente non possono cambiare: Roberto Alajmo, Davide Lajolo, Antonio Tajani, i loro figli e nipoti continueranno ad avere la j nei loro cognomi.

La i lunga compare anche in parole inglesi e francesi adoperate in italiano: per esempio il jazz, la jeep e i jeans; oppure l’abat-jour.

Due raccomandazioni. La prima: in italiano questa lettera va chiamata i lunga, non jay.

La seconda: da un po’ di tempo a questa parte sentiamo pronunciare la parola latina junior (che significa «più giovane» e che, come latino e italiano richiedono, va pronunciata «iunior») come la pronunciano (per parte loro giustamente) gli inglesi o gli americani, e cioè giùnior. Questo giùnior fa il paio (anzi, il quartetto) con plàs, bàs e mìdia, altre parole latine (plus, bus, abbreviazione di omnibus, «per tutti» e media, plurale di medium, «mezzo») sempre più spesso pronunciate come se fossero inglesi. Che fare dinanzi a tanto goffo provincialismo? Non ci resta che piangere. E chiamare, per rappresaglia, il padre immortale di Amleto, Re Lear, Romeo e Giulietta William Sciachespeàre.

La k

La k (o il k) si trova in alcune parole del commercio, del turismo e della pubblicità. Più di un albergo, in Italia, si chiama Park Hotel, e più di uno stabilimento balneare o termale si chiama Kursaal; nel mondo della finanza, e anche nei giornali che si occupano di finanza, la Banca d’Italia è spesso indicata come Bankitalia. Troviamo la k anche in molte parole straniere entrate nell’italiano: karaoke, kit, keyword e così via. Infine, la k si adopera in molti simboli e sigle: km (chilometri), kg· (chilogrammi), ok (okay), eccetera.

Nell’italiano telematico, per comporre un messaggio nel modo più rapido e sintetico possibile, la lettera k sostituisce il gruppo ch davanti a e e a i: nella comunicazione in rete e negli sms non si scrive «che fai» e «chi sei» ma «ke fai» e «ki6».

Potete servirvi tranquillamente di questo modo di scrivere negli sms, nelle mail e anche negli appunti: in casi del genere, scrivere in forma abbreviata ci fa guadagnare spazio e tempo. Ma in altri tipi di testi scritti, destinati non soltanto a voi stessi ma anche ad altri (riassunti, saggi, lettere, relazioni, verbali), evitate questa k telematica, e usate la sequenza ch, perché la lingua italiana non l’ha ancora abbandonata. Intendiamoci: si tratta solo di una convenzione. Se, fra qualche generazione, nessuno userà più il ch e tutti adopereranno solo il k, allora bisognerà riscrivere questa regola dell’italiano, e nessuno potrà gridare allo scandalo, perché questa del k non è, come molti pensano, l’invenzione di un adolescente pigro, né una trovata bizzarra degli ultimi tempi. Il k al posto del ch compare nel più antico documento che sia mai stato scritto in italiano, il cosiddetto «Placito di Capua», la sentenza di un processo che risale addirittura al 960 d.C. E nel lontano 1435 il grande Leon Battista Alberti, autore della prima grammatica italiana della storia, per riprodurre il suono della cosiddetta c «dura» (la c velare di carta, cuoco, chicco, eccetera.), da quel grande architetto che era, inventò un segno che somigliava molto al k di oggi!

La w, la x e la y

La. w è una vera lettera straniera, nel senso che non esisteva nell’alfabeto latino; infatti compare in parole di origine inglese o tedesca, sia che abbiano mantenuto una forma straniera, sia che si siano italianizzate. Nelle parole di origine tedesca, come per esempio würstel, la w si pronuncia v; e così si pronuncia anche nelle parole italianizzate come walzer, wafer, water. Nelle parole inglesi (whisky, wi-fi, web) la w si pronuncia u. A proposito di web, però, occorre aggiungere che le tre w che aprono un indirizzo web non si pronunciano u, ma vu: uvuvu... eccetera.

La x corrisponde a una combinazione di due consonanti: la c «dura» di carta e la s. La x si trova in un certo numero di parole di origine greca (per esempio xenofobo), in parole di origine latina (per esempio ex, extra) e anche in parole straniere o derivate da parole straniere: Texas, texano, taxi); si trova anche nella parola telefax, nella sua forma abbreviata fax e nel verbo derivato faxare. In alcuni casi la lettera x (che, come sappiamo, in aritmetica è il segno della moltiplicazione) significa «per»: xké - perché, = però. Per quest’uso vale quello che abbiamo detto a proposito della k: bene negli sms, bene nelle chat, bene negli appunti, male negli altri tipi di testi scritti.

La y (i greca o ipsilon) compare soprattutto in parole straniere (generalmente inglesi) o derivate da parole straniere usate in italiano. In alcuni casi (per esempio in baby, floppy, yacht, yankee) viene pronunciata come una i; in altri casi, invece (come bypass, bypassare) viene pronunciata ài.

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