
I Comuni. Federico Barba rossa e I Comuni italiani
II risveglio dell’XI secolo, accompagnato da fenomeni come la lotta per le investiture o le crociate, rese più rapido il declino del feudalesimo. La città cessò di essere una semplice fortezza, dove la gente trovava riparo dalle scorrerie e dalle aggressioni, bensì, luogo di mercato e di scambi. I mercanti e gli artigiani costituivano ormai una solida classe sociale. I cittadini tendevano sempre più a riunirsi in associazioni per difendere i propri interessi. Nasceva così il comune. Inizialmente esso fu infatti un'organizzazione tra cittadini di carattere privato. Man mano, però, che il numero dei membri aumentava, esso assunse sempre più l'aspetto di un istituzione pubblica cui faceva capo l'intera cittadinanza, in seno alla quale esistevano diverse classi sociali. Vi era un ceto aristocratico, c'erano poi i semplici cittadini (soprattutto mercanti ed artigiani) e, infine, gli abitanti del contado, ossia delle campagne, i quali non godevano di veri e propri diritti politici. Dalla parola contado derivò il termine contadino, entrato poi nell'italiano corrente per significare chi lavora la terra, sia in proprio che alle dipendenze di altri.
Il governo comunale subì col tempo dei mutamenti strutturali. Quand'esso era ancora un'istituzione privata i suoi membri erano rappresentati in seno all’arengo (sorta di parlamento), mentre alcuni così detti Buoni Uomini ricoprivano le cariche direttive. Man mano che il Comune assunse forma pubblica l'arengo venne sostituito da due consigli: quello maggiore e quello minore, mentre i Buoni Uomini lasciarono il posto ad una magistratura presieduta da un certo numero di Consoli (generalmente da due a quattro). Questi amministravano la città ed assumevano il comando delle forze armate in tempo di guerra. Per un certo tempo essi amministrarono anche la giustizia, che fu successivamente affidata a speciali magistrati.
Ma l'amministrrazione del Comune rimase essenzialmente nelle mani delle grandi famiglie aristocratiche. Tuttavia, a partire dal secolo XII, lo sviluppo economico diede inizio ad una progressiva ascesa della classe borghese, formata da imprenditori, mercanti ed artigiani, i quali si riunirono progressivamente in arti o corporazioni (associzioni di categoria). Queste entrarono presto in conflitto con l'aristocrazia, dove pure frequenti erano i contrasti tra le varie famiglie. Ciò rese necessario abbandonare la forma di governo consolare, nella quale i Consoli rappresentavano famiglie aristocratiche, e si decise di assegnare l'incarico di primo cittadino del Comune ad un forestiero, perciò al di fuori delle parti, con il titolo di Podestà, in carica generalmente per un anno, durante il quale egli svolgeva le funzioni esecutive e quelle giudiziarie.
Il Comune ebbe scarso sviluppo in Francia e in Inghilterra, mentre ebbe notevole successo in Fiandra e, soprattutto, nell'Italia centro-settentrionale, ad iniziare dalla pianura padana, dove, sin dall’XI secolo, aveva imposto il proprio primato il comune di Milano.
La morte di Enrico V, avvenuta nel 1125, poneva fine alla dinastia di Franconia, mentre una lunga serie di lotte interne fece precipitare l'Impero in una profonda crisi politica, della quale i Comuni poterono approfittare per nuove rivendicazioni ed una loro diffusione anche nell'Italia centrale.
Nel 1152 saliva al trono imperiale Federico I di Svevia, detto Barbarossa. La sua politica fu subito improntata sulla ferma volontà di ridare credito alle istituzioni dell'Impero nei confronti sia dell'alta feudalità che del Papa. Questo secondo aspetto della politica del Barbarossa incontrò il consenso della stessa feudalità ecclesiastica tedesca, la quale non aveva accettato di buon grado l'intervento assai frequente della curia romana negli anni precedenti. Vi erano poi le vicende italiane, che l'imperatore intendeva affrontare secondo una linea ben precisa, che andava dalla riaffermazione dell'autorità imperiale sui comuni, privandoli delle rispettive autonomie, all'annessione all'Impero dell'Italia meridionale.
Furono ben sei le campagne militari che il Barbarossa condusse in Italia. La prima di esse avvenne nel 1154 con l'appoggio del papa, Adriano IV, cacciato da Roma ad opera di Arnaldo da Brescia, che ivi (in quel luuogo) aveva instaurato il comune, ed anche dei comuni padani minori, i quali non intendevano subire la supremazia di Milano. A Roncaglia, presso Piacenza, venne riunita una dieta, e furono proclamati dal sovrano gli antichi diritti imperiali. A Roma le truppe del Barbarossa catturarono Arnaldo da Brescia e lo consegnarono al papa, che lo fece condannare al rogo. Solo la riluttanza dei capi militari obbligò l'imperatore a non proseguire la marcia ed a tornare in Germania.
Ma il riemergere del contrasto tra Papato ed Impero sulla reciproca supremazia sfociò nella seconda dieta di Roncaglia (1158), che riaffermò i diritti della Corona sui comuni. A farli rispettare venne inviato in ciascun comune un rappresentante di essa, anch'egli con il titolo di podestà. Ma diversi comuni si opposero e la vicenda si concluse nel marzo del 1162 con l'intervento armato imperiale e la distruzione delle città di Crema e di Milano.
Un simile epilogo allarmò fortemente il Papato, dove, nel frattempo, ad Adriano IV era succedduto Alessandro III, fermo sostenitore del predominio pontificio sull'Impero. A ciò il Barbarossa rispose eleggendo un antipapa, Vittore IV.
Una prima lega di comuni, detta lega veronese, formata dalle città di Verona, Vicenza, Padova, Venezia e dal Papa, si formò in occasione della terza discesa del Barbarossa in Italia. Seguì una quarta discesa, che si concluse a Roma con la fuga in esilio di Papa Alessandro III e la sua sostituzione con un nuovo antipapa, Pasquale III. Ma intanto una nuova lega si era formata tra i comuni lombardi di Brescia, Bergamo, Mantova e da Verona e, il primo dicembre del 1167, questa si fuse con la preesistente lega veronese. Nacque così la lega lombarda, alla quale altri comuni aderirono, sino a raggiungere il numero di 36. E fu così che la quinta avventura italiana del Barbarossa si concluse con la sconfitta di Legnano, presso Milano, del 29 maggio 1176 ad opera della lega.
Nel novembre dello stesso anno l'imperatore poneva fine allo scisma con la Santa Sede. Seguì, l'anno successivo, una tregua con i comuni della lega e con il re Guglielmo II di Sicilia, loro alleato, in seguito alla quale Papa Alessandro III potè rientrare a Roma ritirando la scomunica all'imperatore.
Chiuse definitivamente tutta la vicenda la pace di Costanza (25 giugno 1183), in cui l'imperatore riconosceva i diritti acquisiti dai Comuni, i quali a loro volta riconoscevano l'autorità suprema del sovrano.
Federico I I e la sua epoca
Con l'appoggio del papa Innocenzo III, Federico II, una volta maggiorenne, riuscì a cingere la corona imperiale. In compenso dell'appoggio ottenuto dalla Santa Sede, il nuovo sovrano dovette impegnarsi verso il pontefice a non mantenere unita alla corona imperiale quella di Sicilia, cedendola al figlio Enrico, ancora minorenne, che fu effettivamente incoronato re di Sicilia, ma fu soltanto una formalità. Inoltre l'imperatore avrebbe dovuto guidare una nuova crociata per liberare un'altra volta Gerusalemme.
Morto Innocenze III nel 1216, le cose andarono diversamente, giacché ben diversi erano i piani del monarca. Mandò il figlio Enrico, ancora bambino, in Germania, facendogli assumere il titolo di duca di Svevia e di Borgogna, poi quello di Re dei Romani, designandolo così suo successore al trono imperiale. Con quest'ultimo atto era chiara la volontà di Federico II di riunire l'Impero e la Sicilia sotto un unico scettro. Ora, sebbene non formalmente, di fatto le due corone erano già unite, poiché Federico era imperatore a pieno titolo, ma era anche reggente del Regno di Sicilia, essendo Enrico ancora minorenne; tant'è vero che non la Germania, ma la Sicilia fu il centro della vita politica del sovrano, egli stesso nato in Italia, a Jesi, presso Ancona. Palermo fu infatti la sua residenza e qui egli pose le basi di quel dispotismo illuminato, fondato su un forte accentramento del potere, accompagnato però da diverse riforme, e che fece della Sicilia una realtà politico-istituzionale precorritrice dello stato moderno. Anche la cultura fu testimone della buona situazione politica del Regno: nasceva infatti la prima vera e propria corrente letteraria italiana, nota come scuola siciliana. Vi fecero parte lo stesso Federico e il suo cancelliere, Pier delle Vigne.
Ma la politica di Federico andò senza ostacoli fino a che durò il pontificato di Onorio III. Morto quest'ultimo nel 1227, gli successe Gregorio IX, dalla personalità ben diversa. Nel giugno del 1228 l'imperatore partì da Brindisi per l'Oriente, ma, con un trattato diplomatico con il sultano d'Egitto, tornato in Italia Federico dovette respingere le truppe pontifice che avevano invaso, durante la sua assenza, parte dei suoi territori. La campagna si concluse con il trattato di San Germano del 23 luglio 1230. Il papa restituì i territori occupati e ritirò la scomunica all'imperatore.
Ma ciò non pose fine alla lotta tra l'Impero e i Comuni. Dopo un momento favorevole al primo, le sorti piegarono definitivamente a favore dei secondi, i quali sconfissero nel 1249 a Fossalta le truppe imperiali, mentre l'anno dopo, il 13 dicembre, moriva lo stesso Federico. Gli successe il figlio Corrado IV che, però, morì nel 1254 e sul trono di Sicilia salì il fratello Manfredi. Con notevole successo egli riusci a ristabilire le sorti del Paese, riprendendo anche la politica espansionista nel Mediterraneo orientale e di influenza nell'Italia settentrionale e centrale. Ma ciò incontrò l'opposizione del Papa, che offrì la corona di Sicilia a Carlo d'Angiò, fratello di Luigi IX di Francia.
Costui fu incoronato re di Sicilia a Roma da Papa Clemente IV il 28 giugno 1265, ma dovette contrastare l'opposizione di Manfredi, che fu sconfitto a Benevento, morendo egli stesso in battaglia, l'anno successivo. Un ultimo tentativo fu quello del quindicenne Corradino di Svevia, che però venne sconfitto con il proprio esercito nel 1268 e, fatto prigioniero, dagli Angioini, fu condannato a morte e decapitato a Napoli.